Dal 1971 al 1980

1975

Taranto rimane sempre al centro dei nostri interessi di ricerca e di studio. È da molto tempo, infatti, che nei programmi di indagine storico-topografica, inerente lo sviluppo urbano, sociale e religioso della città, figura l’ubicazione precisa al «Pizzone» della famosa stipe votiva del culto di Persephone, scoperta dal Viola nel 1883 e i cui materiali trovansi tuttora nel Museo Nazionale di Napoli, tranne la base inscritta di una statua arcaica con dedica della fine del VI sec. a.C., custodita nel Museo Nazionale di Taranto. L’occasione per la localizzazione del santuario e la ripresa conseguente di campagne di scavo ci è stata offerta quest’anno dai lavori per la costruzione della superstrada e del ponte Punta Penna-Pizzone, durante i quali, in un’area che in antico doveva essere in ripida pendenza verso il mar Piccolo, è venuta in luce una massa imponente di materiale archeologico di evidente destinazione votiva, accumulatosi dalla soprastante terrazza, ora sede del Deposito della Marina Militare, costruito molto probabilmente sui ruderi di un edificio templare.

I materiali della stipe del «Pizzone» in argomento sono stati raccolti in due strati ben distinti anche cronologicamente: quello inferiore che dalla fine del VII raggiunge il pieno VI sec. a.C.; quello superiore databile dal V alla metà del IV sec. a.C., abbracciando quindi — come ha ben visto il Viola — «un ampio periodo della vita artistica di Taranto». Notevole, fra i prodotti più antichi, un gruppo di terrecotte di tipo dedalico tardo (Tav. LIV, 1), simili a quelle recentemente scoperte a Satyrion e commiste a molti frammenti di ceramica paleo-corinzia (Tav. LIV, 2). Alla prima metà del VI secolo vanno ascritte altre terrecotte di divinità seduta o stante ancora di spiccata tendenza dorica (Tav. LV, 1) e spesso associate a ceramica locale di evidente imitazione laconico-corinzia (Tav. LV, 2). D’influsso ionico è invece un gruppo cospicuo di statuette della seconda metà del VI secolo e degli inizi del V (Tav. LVI, 1), raccolte insieme a numerosi frammenti di ceramica laconica e attica a figure nere, fra cui notevole quello di una tazza con l’immagine dipinta del pilota di una nave assorto a scrutare le stelle (Tav. LVI, 2). Pure copiosa è la ceramica attica a figure rosse, fra cui si annoverano cocci appartenenti a vasi di celebri pittori (Tav. LVII, 1); mentre predomina la produzione vascolare locale e miniaturistica di evidente destinazione votiva (Tav. LVII, 2).

L’iscrizione incisa sottilmente sul fondo piatto di uno skyphos del VI sec. a.C., sinistrorsa e facilmente leggibile ΓAIA, ci ha dato la conferma che la stipe è riferibile ad un santuario del culto di KorePersephone-Gaia, da cui proviene forse la celebre statua di Berlino. Del resto, la presenza di numerose terrecotte della seconda metà del V e degli inizi del IV sec. a.C. raffiguranti protomi e busti della dea (o della madre Demetra) con face a quattro bracci e maialino (il χοῖρος μυστικός dei riti eleusini) (Tav. LVIII), attesta inequivocabilmente l’appartenenza del santuario alla divinità dell’oltretomba.

Sempre a Taranto è da segnalare la scoperta di un vasto sepolcreto in via Alto Adige, databile al IV e III sec. a.C. e costituito di numerose tombe a fossa adiacenti e orientate nord-sud e est-ovest (Tav. LIX, 1), in cui abbiamo raccolto splendidi gioielli di spiccata produzione tarentina come due orecchini aurei a protomi leonine (Tav. LIX, 2).

Per finire ricorderò ancora la recente scoperta a Satyrion di tombe a fossa e a camera del IV sec. a.C. nei terreni di proprietà Longo, sul luogo di un più antico insediamento del VII secolo, occupato in età romana da una grande fattoria.

FELICE GINO LO PORTO