1996
In attacco a queste positive note d’apertura, per completezza, ma anche per coerenza con opinioni già espresse in altre sedi e nella stessa introduzione al Catalogo della mostra del San Domenico, devo citare la situazione ancora insoddisfacente che presentano le poche ma importanti aree archeologiche superstiti nel territorio urbano di Taranto: quella periferica di Collepasso, destinata alla realizzazione del parco archeologico urbano delle mura e della necropoli greca, ma per la quale solo quest’anno, dopo che si erano persi gli specifici finanziamenti ministeriali, si sono finalmente in parte sbloccate le resistenze alla consegna da parte dell’Amministrazione delle Finanze; l’area della necropoli di via Marche, su cui ho ampiamente riferito negli scorsi due Convegni e per la quale si attende il finanziamento comunitario, richiesto dal Comune alla Regione Puglia, per l’acquisizione pubblica e la relativa sistemazione coperta; l’area del cosiddetto tempio di Poseidon in piazza Castello, infine, per la quale abbiamo completato (e reinterrato) lo scavo negli scorsi anni, ma che è rimasta allo stato di cantiere per l’esaurirsi dei finanziamenti ministeriali e per la mancata definizione dei rapporti con gli altri soggetti interessati alla sua sistemazione, il Comune, la Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Bari e la Provincia di Taranto in quanto proprietaria del prospiciente edificio dell’ex convento di San Michele.
Restando nella Città Vecchia di Taranto, devo altresì ricordare con soddisfazione che vi sono appena ripresi, a cura del Comune, i lavori di ristrutturazione sospesi da alcuni anni, e che ora interessano edifici prospicienti via S. Martino e via Cava; ma spiace riscontrare, a tal proposito, un’inversione di tendenza rispetto a quanto era avvenuto in precedenza nel comparto CIPE e per le opere eseguite con il finanziamento FIO 1986, quando fu preventivamente concordato con la Soprintendenza un vasto programma di indagini conoscitive precedenti o parallele al restauro urbanistico ed architettonico. Finora, invece, è stato possibile solo uno scavo limitato, che ha consentito l’individuazione, proprio alle spalle del San Domenico, di un setto murario in opera quadrata riutilizzato nelle fondazioni degli edifici sovrastanti.
Ancora a Taranto, dei vari interventi effettuati in città dopo il Convegno dello scorso anno, legati soprattutto a scoperte fortuite e ad opere pubbliche, meritano di essere ricordati in particolare i dati emersi nell’area di necropoli ellenistica di via Tito Livio. Qui, le sepolture più recenti sono a fossa scavata nel banco di roccia con copertura di lastroni, secondo una tipologia comune a Taranto tra la fine del IV e il III secolo a.C.; ma al di sopra della controfossa, insolitamente profonda, sono stati individuati (nei casi in cui le condizioni di sicurezza lo hanno consentito) due lastroni di carparo accostati, che è da ritenere servissero da base per un sovrastante monumento funerario, di cui però si sono potuti riconoscere solo pochi frammenti.
La posizione delle sepolture, poste l’una accanto all’altra, lascia supporre che esse fossero allineate lungo o in prossimità di una delle strade da cui erano definiti gli isolati che caratterizzavano anche le aree di necropoli, come è stato dimostrato negli anni scorsi dallo scavo di via Marche. Il corredo della tomba l, riferibile ad una giovane donna, comprendeva una serie di terrecotte figurate di notevole livello artistico, alle quali la policromia, in ottimo stato di conservazione, conferisce un’eccezionale vivacità espressiva.
GIUSEPPE ANDREASSI